Diventare dei pensatori sistemici è una prerogativa dalla quale non possiamo più prescindere, se vogliamo imparare a navigare in questi oceani incerti e complessi. Ho deciso che ogni settimana aggiungerò a questo articolo alcune ottime abitudini da allenare per uscire dalle nostre cornici implicite e imparare a rendere visibile l’invisibile.
Questo allenamento è un lavoro che dura una vita ma se – nel percorso- ci facciamo aiutare da qualcuno che mastica di complessità e sistemi da molto più tempo di noi, il “gioco” sarà più veloce e potremo sbloccare dei livelli molto più in fretta. Ringrazio il mio maestro Bruno Lomele – i cui scritti potete trovare nel sito www.relazioneamorevole.it – che mi accompagna in questo percorso da anni e che con il suo sguardo – che abbraccia molto più di ciò che ritenevo possibile – ha stravolto in meglio la qualità della mia vita.
1 - CERCARE DI VEDERE LA BIG PICTURE
Gioca per un attimo con me. Quando sei in auto e stai guidando, cosa osservi? Solo il lato destro della strada, quello sinistro o entrambi?
Naturalmente non puoi fare a meno di tenere sotto controllo l’intera situazione perché, se non facessi così (e magari ti soffermassi ad osservare l’adesivo a forma di gatto sul vetro di quell’auto) potresti trovarti in uno grosso grasso incidente. In poche parole, ne andrebbe della tua stessa vita.
Avere in mente la Big Picture è questo: guardare l’interezza di una situazione o di un processo , è la capacità di comprendere il sistema all’opera e il contesto di ciò che stiamo osservando.
Anche il pensiero focalizzato, attento ai dettagli e capace di Focus è importante ma, per essere dei buoni pensatori sistemici, avere uno “sguardo d’insieme” è il primissimo passo.
Cosa possiamo fare concretamente?
Molto spesso a fregarci – e a farci perdere di vista la Big Picture – è la fretta:
di fare qualcosa di urgente,
– di arrivare a delle conclusioni (magari prima che lo faccia qualcun’altro)
di toglierci da quella brutta sensazione di disagio
di affermare che è già tutto molto ben chiaro nella nostra testa.
La fretta è nostra nemica. Sempre.
Il mio maestro Bruno Lomele (www.relazioneamorevole.it) mi ha insegnato una tecnica meravigliosa, quella del “sommergibile”, che mi aiuta in moltissimi casi.
“Fare il sommergibile” vuole essere la formula abbreviata di: “fare come i sommergibili della seconda guerra mondiale quando venivano attaccati dalle cacciatorpediniere: fermavano i motori, spegnevano tutto, paralizzavano qualsiasi movimento della ciurma per non fare alcun rumore, e poi si lasciavano cadere giù arrivando a poggiarsi sul fondo, in attesa che le bombe terminassero e le navi non fossero più in grado di rilevarli col sonar. Cioè nel pieno dell’infuriare delle bombe la salvezza arrivava dal cessare di fare qualsiasi cosa…. nel rimanere totalmente fermi, nel silenzio e in contatto col profondo.
Ancora cado nella trappola della fretta (e in questi casi bisogna imparare a non giudicarsi, fa parte del gioco) ma sempre più spesso riesco a fermarmi, respirare e – semplicemente – “non fare niente”.
Fare il sommergibile, fermarmi, accettare la sensazione di disagio, evitare di arriva a delle conslusioni affrettate, mi aiuta – sempre! – a vedere qualche pezzetto in più, a scorgere una nuova collina nella Big Picture.
E – non c’è bisogno di dirlo – questo fa un’enorme differenza. Eppure la differenza è stata solo questa: smettere di dare per scontato che quello che era sotto i miei occhi fosse l’unica porzione di reale che esistesse davvero. Sapevo che c’era un vasto reame invisibile ai miei occhi.
Fermarmi, respirare e allargare lo sguardo aiuta ad avere uno sguardo d’insieme. E questo ci aiuta ad agire, pensare e parlare in modo diverso.
2 - IDENTIFICARE LA NATURA CIRCOLARE DELLE COMPLESSE RELAZIONI CAUSA-EFFETTO
Cosa ha causato quella reazione? Per quale motivo mi ha trattato in quel modo? Perché non riesco a portare a termine questo compito?
Sono tante le risposte che possiamo dare a queste domande. Possiamo trovare soluzioni soddisfacenti e semplici, univoche, deterministiche.
“Quella cosa è successa per questo motivo. Punto. Quella persona ha fatto in quel modo perché è fatta così. Non c’è molto altro da capire”.
E invece se ci fermassimo a osservare un po’ meglio ci accorgeremmo che il mondo, le relazioni, gli effetti e la cause stesse sono intrecciate indissolubilmente e che può essere un compito difficile, a volte impossibile, risalire all’intero intricatissimo loop causale nel quale siamo immersi.
Un buon pensatore sistemico allena il suo sguardo e lo abitua a guardare meglio, a scorgere i legami invisibili tra gli eventi e gli accadimenti.
Un buon pensatore sistemico non si accontenta di risposte semplici e accetta che i suoi occhi sono limitati e non possono pretendere di scorgere tutti i nessi in cui cui la sua stessa vita si aggroviglia.
Una buona pensatrice sistemica comprende che la causalità lineare non è più adatta (non lo è mai stata) a descrivere la realtà e cerca sempre di più di abbracciare – come può – la causalità circolare.
Da ogni causa si generano effetti che ricadono sulla causa stessa e continuamente, in un loop senza fine, generano la nostra stessa vita che – per il nostro essere poco avvezzi a esaminare la complessità – cerchiamo di descrivere e comprendere facendo espiare le colpe a qualche parziale capro che passava di là.
Tutto (proprio tutto) è interdipendente e interconnesso e quasi sempre siamo catturati nelle spire di causalità circolari in cui – forse – non volevamo neanche essere presi. Non possiamo farci granché ma così è Una cosa che invece possiamo fare è allargare lo sguardo, osservare meglio, renderci conto che la risposta semplice che stava per salire alla bocca forse serve solo a pacificare il cuore, ma non racconta che in minima parte cosa c’è di fronte ai nostri occhi.
3 - SCOPRIRE I PATTERN E I TREND DEL SISTEMA
Un evento di qualsiasi tipo può essere osservato con vari livelli di attenzione e approfondimento ed è ricorrente, nel pensiero sistemico, l’immagine dell iceberg:
Cun livello facilmente visibile, che emerge dall’acqua, e di grandezza piuttosto inferiore alla parte sommersa dell’iceberg evento.
Se l’unica parte che ci è visibile (perché non siamo abituati a mettere la testa sott’acqua ed esplorare quella sommersa) è quella che si staglia sotto i nostri occhi, sarà facile finire in tipi di reazioni di un certo tipo (semplicistiche, riduzioniste, parziali e spesso molto scoraggianti).
I pensatori sistemici hanno un’innata curiosità per ciò che accade sotto il livello dell’acqua, amano ficcare la testa nell’invisibile, nel non detto e in quelli che con dei termini più tecnici chiamiamo “trend e pattern” del sistema.
Quando cominciamo a notare quali sono questi pattern, queste causalità lineari che spesso si ripetono qui e altrove, le domande che ci facciamo cambiano e con esse il nostro sguardo.
Riusciamo a spostarci da domande come “Cos’è successo!?” e da reazioni repentine a domande come
“Cosa sta succedendo qui? Cosa sta cambiando? Quali sono le continuità e le discontinuità rispetto a quest’altro evento?”
Quando riesco a scorgere i pattern, le ripetizioni, le continuità, riesco a vedere meglio costa sta accadendo (un po’ più) in profondità e – di conseguenza – cambieranno le mie letture semplicistiche del reale e quindi – cosa più importante – le mie reazioni e la mia efficacia.
Abituiamoci a non accontentarci delle soluzioni che ci dà il visibile 🙂 Sotto di noi c’è un mondo sommerso che possiamo esplorare e che può letteralmente cambiare il modo in cui vediamo e sentiamo il Mondo.
4 - evitare di arrivare a conclusioni affrettate
Se vogliamo diventare dei buoni pensatori e pensatrici sistemici una delle abitudini più importanti – e forse anche una delle più difficili – da implementare è **evitare di arrivare a conclusioni affrettate**
La fretta, come scrivevo nell’abitudine della “Big Picture” è una grande nemica del pensiero sistemico. Ogni volta che arriviamo a delle conclusioni velocemente è quasi sempre certo che stiamo perdendo dei pezzi per strada e (ancora più spesso) i pezzi afferiscono agli *altri*, sono pezzi del loro sguardo e del loro sentire.
*Vediamo ciò che vediamo e non vediamo ciò che non vediamo*
Ricordarci anche soltanto di questo, quando dobbiamo prendere delle decisioni, potrebbe aiutarci a cambiare sensibilmente le nostre azioni e il loro impatto nel mondo e sulle nostre relazioni.
“Ehi, forse quello che penso (di questa persona, di questo evento…) è il risultato di alcune certezze parziali, forse mi sto perdendo una parte della storia… Forse potrei chiedere ad altri cosa si vede dai loro occhi”
Abbiamo parlato proprio ieri durante un seminario con Bruno Lomele di www.relazioneamorevole.it, di questa importantissima competenza ed è stato come un vero disvelamento:
“lo faccio sempre, lo faccio ancora dopo tanto lavoro su di me, è difficile da apprendere ma se vorrò mai una felicità devo imparare questa difficilissima arte dell’aspettare.
Aspetta, ancora un po’,
non credere ai tuoi occhi, neanche a quella che sembra una verità innegabile dei sentimenti,
quei sentimenti sono veri, certo, ma nascono da una lettura parziale,
da una conoscenza mozzata,
da uno sguardo troppo stretto.
Auguro a me e voi di fare tantissimi respiri prima di arrivare a delle conclusioni. Ci auguro di non finire sbranati dalla paura della fretta. Ci auguro di imparare a stare con ciò che c’è senza dover scappare da qualche altra parte, nella speranza che – di là – sia più comodo e con meno spine.

Gioca per un attimo con me. Quando sei in auto e stai guidando, cosa osservi? Solo il lato destro della strada, quello sinistro o entrambi?
