Playfight, giocare alla lotta: una proposta vitale per famiglie

Playfight, giocare alla lotta: una proposta vitale per famiglie

Marzo duemilaventi. Io e Noa (6 anni) siamo a casa, come tutti, tutto il tempo. Perché fuori c’è quel virus a piede libero. Che si fa? Giochiamo!

Noi si gioca, quasi tutto il tempo e sì, non voglio raccontar balle, può essere molto stancante. Perché l’energia dei bambini è travolgente e tutto il loro impegno è essere qui e ora. Ma è una grande, grandissima occasione, quella di poter passare innumerevoli ore con loro. Lentamente la tensione sul futuro allenta perché ora, che lo si voglia o no, siamo tutti congelati. E finalmente, dopo anni, mi trovo davvero ad assaporare la lentezza vera. Lunghe ore da riempire e nessun altro piano.

Giocare con i nostri figli aiuterà, sia noi che loro, a scaricare le inevitabili tensioni, a creare dei ricordi indelebili e ad approfondire la nostra connessione.

Per questo ho deciso di condividere con voi i nostri giochi preferiti. Quelli che facciamo io e Noa da mattina a sera. Li abbiamo scritti insieme mentre facevamo colazione ed è stato, anche questo, un bel gioco.

“Mamma ma noi non facciamo solo questi”

“Sì ma questi sono quelli che facciamo più di tutti”

In questo articolo avevo pensato di proporvi una lista di giochi, ma quando ho cominciato a scrivere del Playfight ho capito che questo tema meritava un articolo a sé, perché il Playfight è un gioco di cui si potrebbe parlare per giorni. Quindi in questo primo articolo vi parlo del nostro gioco preferito: fare alla lotta.

 

Perché dovrei fare Playfight con I miei figli?

Fare la lotta ci fa paura, eppure quasi tutti gli animali la praticano, sopratutto durante la loro infanzia. Perché fare la lotta è avere la possibilità di praticare e migliorare (in un ambiente sicuro) delle competenze che – in età adulta – saranno fondamentali.

Fare la lotta aiuterà enormemente voi e i vostri figli ad imparare ad usare la propria forza in maniera rispettosa, a conoscere i limiti sicuri, ad avere rispetto dell’altro da sé, li aiuterà a entrare in quella che lo psicoterapeuta Lawrence Cohen chiama la torre del potere. Un luogo in cui spesso non facciamo salire i nostri figli perché, quasi sempre, le attività che sono “empowering” (ovvero, che donano un senso di potere, sicurezza in se stessi, autostima) hanno anche un margine di rischio che noi genitori facciamo fatica a voler correre. Quel rischio però, che è anche gestione della frustrazione e dell’incertezza, è uno degli ingredienti fondamentali per maturare. Ecco perchè fare la lotta può donare moltissimo ai vostri bambini, a voi, e alla relazione che avete con loro.

Una piccola notizia che potrebbe motivarvi a provare: Noa diventa estremamente collaborativo dopo un incontro di playfght, ad esempio comincia a riordinare di propria sponte la cameretta o vuole aiutarmi a cucinare. Perché? Perché si sentono connessi con me e il suo bicchiere emotivo è pieno. Quando fanno i cosiddetti capricci, il Playfight è una soluzione d’oro 🙂 In quel momento hanno solo bisogno di noi e sopratutto di giocare con noi, di sentire anche il nostro contatto fisico rassicurante e che li contiene.

Le basi del Playfight

È iniziato tutto nell’estate del 2018, quando ho partecipato alla mia prima immersion di Playfight, con l’ideatore di questa arte, Matteo Tangi. Da quel giorno è cominciata una sperimentazione quotidiana con Noa, che ha trovato tantissime declinazioni ma che – sempre – rimangono fedeli all’essenza del Playfight:

  • sicurezza: non fare male a se stessi né agli altri
  • connessione: con se stessi e con gli altri.

Lo scopo quindi non è vincere la lotta, ma connettersi con l’altro. Mentre con l’adulto abbiamo la possibilità di sperimentare l’uso della forza nel rispetto, con i bambini le cose cambiano parecchio perché l’incontro è necessariamente squilibrato e di certo non possiamo usare dare il nostro 100%, ma ci sono molte altre cose che possiamo fare.

 

Cosa intendo con connessione? Semplicemente cercare di essere curiosi su come mi sento, a livello fisico ed emotivo e di come si sente l’altr*. L’idea è che, praticando, riusciamo a stimolare nostro figlio o nostra figlia ad avere la stessa curiosità verso di noi.

Se volete approfondire il tema del Playfight con gli adulti qui potrete trovare molto materiale 🙂 www.playfightg

Dove e come posso praticare Playfight con I miEI figli?

L’ideale sarebbe praticare su un tatami o su un tappeto morbido, in modo da dare il giusto livello di protezione ma anche di durezza e sostegno durante la pratica. Io e Noa non abbiamo un tatami e quindi lo facciamo sempre sul letto (durante un corso che ho organizzato per genitori e figli abbiamo avuto la possibilità di sperimentare su un tatami ed è stato molto bello).

Uno degli elementi fondamentali del Playfight è la ritualità, per quanto riguarda la pratica con gli adulti. I rituali con cui viene svolto un incontro sono:  Invito; Incontro; Apprezzamento; Feedback (se vuoi approfondire questo tema puoi farlo qui). Con i bambini naturalmente è tutto più fluido ma resta comunque un focus importante su alcuni rituali.

L’invito

Si inizia mettendosi uno di fronte all’altro/a, in ginocchio, e ci si guarda negli occhi per qualche secondo. Quando la connessione è stata creata si alzano i pugni a livello del petto, li facciamo toccare con i pugni dell’altro senza perdere il contatto visivo e si dice insieme “Playfight“. Io ho spiegato a Noa che questo è un rituale utile per non dimenticarci che la sicurezza viene prima di tutto e che non si può:

fare male all’altro/a – mordere – dare calci o pugni – fare il solletico (che spesso fa perdere il controllo e toglie l’accesso alla forza) – stringere il collo – tirare i capelli o i vestiti e qualsiasi altra azione violenta.


L’incontro

L’obiettivo che ci diamo io e Noa è “buttare l’altro giù dal letto“. Semplice! Mentre nel Playfight con gli adulti si cerca di schienare l’altro per almeno 3 secondi (potreste sperimentarlo se i vostri figli sono grandi). Vi ricordo comunque che lo scopo finale della pratica è la connessione e voi – come adulti – dovete sempre tenerlo bene in mente.

Il Playfight con i vostri figli assomiglierà più o meno a un’azzuffata tra gattini. Sarà divertente, imprevedibile e vi troverà – alla fine – stanchi e felici.
Non voglio darvi troppe indicazioni in merito perché sarebbe difficile descrivere nel dettaglio come si svolge un incontro. Provate invece a trovare da soli il vostro modo di fare la lotta seguendo i consigli che potrete leggere poco sotto.

L’Apprezzamento

Per stimolare i bambini a comunicare cosa hanno provato e sentito durante l’incontro l’invito è, quando deciderete che la sessione è finita, di sedersi uno di fronte all’altro (o in ginocchio, se volete, ma potreste trovare la vostra formula personale di connessione), darvi le mani, e provare a condividere cosa avete apprezzato dell’altro, più che parlare dell’incontro stesso (ad es. Ho apprezzato la tua forza, l’agilità, l’abbraccio che mi hai dato a metà incontro, ecc..). 

Negli incontri tra adulti il cerchio di persone, all’interno del quale si svolge l’incontro, dà un feedback ai due partecipanti. In questo caso non avviene perché non c’è nessun cerchio di persone che osserva 🙂 

Due varianti:

Ci sono tanti modi in cui potete fare la lotta, vi invito a sperimentare e trovare i vostri modi preferiti. Queste sono due delle nostre varianti preferite:

Io lo tengo stretto e lui deve liberarsi (lo faccio divincolare un po’, poi me lo lascio scappare, dicendo “Oh no, ce la sta facendooo, non è possibile, me l’ha fatta anche stavolta“), poi ci diamo il cambio, lui si siede sopra di me e io devo cercare di scappare (naturalmente io ci riesco dopo mille mila tentativi falliti).

– Metto dietro di me dei pupazzetti e lui deve cercare di prenderli: questo è un gioco che adora (e anche i suoi amici). Può diventare una lotta 3 contro 1. In cui più che la forza fisica è l’agilità ad essere messa in campo. È inimmaginabilmente divertente.

 

Qualche consiglio

Vi lascio qui qualche accortezza che potrebbe esservi utile ma – in linea di massima – se tenete bene in mente che al primo posto vengono sicurezza e connessione, usando la vostra creatività e lasciando fare a quella dei vostri bimbi, troverete mille altre varianti al gioco che io non ho ancora sperimentato 🙂 Se già lo fate e avete voglia di scriverlo nei commenti sarebbe un bel regalo.

Potete dire STOP

In qualsiasi momento, per qualsiasi motivo, potete interrompere la lotta giocosa dicendo STOP. Spiegate bene al bambino che può farlo. È prezioso che i bambini imparino a dire “basta”, quando sentono che è troppo. A volte lo diranno anche se non si sono fatti realmente male: magari hanno bisogno di una coccola, o magari della vostra attenzione e di ascolto. Noa ad esempio a volte, durante qualche acrobazia, tende ad andare a sbattere con i mobili e – seppure non sia mai niente di grave – ha bisogno di raccontarmi nei minimi dettagli dove abbia sbattuto e come sia successo. Se dovesse accadere durante l’incontro non minimizziamo mai l’accaduto, ascoltiamoli e chiediamo loro se vogliono fermarsi. Darsi delle pause è fondamentale. Stop si può dire anche ogni volta che non viene rispettata una regola di sicurezza (se vengono tirati i capelli, viene mollato un pugno per sbaglio o si fa il solletico).

Andate piano

Viene naturale, specialmente le prime volte che si sperimenta, entrare subito in una dinamica piuttosto veloce, che include capriole, salti e assalti di ogni tipo. Con i bambini noi adulti riusciamo a contenere i nostri istinti ma spesso sono loro che – quando cominciano a divertirsi – rischiano di non capire bene qual è il limite sicuro. Quindi se come regola base usate quella dell’ “Andare piano” il rischio di farsi male viene praticamente azzerato. Si può andare piano e divertirsi tantissimo comunque. In caso di bisogno “Stop!” ma senza usare la minaccia torva del tipo “Guarda che se lo fai ancora smettiamo di giocare”. Non sono abituati e quindi siamo noi a dovergli ricordare le regole (che gli avremo spiegato molto bene all’inizio) con dolcezza e fermezza.

Guardatevi spesso negli occhi

Quando fate la lotta quanto spesso incontrare lo sguardo di vostr* figli* ?
Io ci ho messo un po’ di tempo per accorgermi che non accadeva poi così spesso. Così ho cominciato a farlo volontariamente, sempre . La di più. La connessione passa anche dallo sguardo e – specie con i bambini – è abbastanza evidente che – se non riescono a guardarci negli occhi – è perché c’è stata un’interruzione della connessione o il loro bicchiere emotivo può essere svuotato (per N ragioni) e potrebbero aver bisogno di una coccola o di un momento di stop.

Date sempre un livello di forza adeguato

Questo per evitare che si sentano frustrati e impotenti. Quindi fateli vincere spesso, non sempre… ma quasi. Fare la lotta – senza farsi male – è infatti un modo strepitoso di giocare, divertirsi, scaricare le tensioni, connettersi, imparare il rispetto e l’autoregolazione, per i bambini e anche per noi. Ma per i bambini è fondamentale che sia un’esperienza che dona loro energia e li faccia sentire capaci. Quindi, anche se in alcuni momenti potreste aver voglia di mettere tutte le vostre capacità nella lotta, autoregolatevi e date loro il livello di resistenza adatto. Potreste notare che, giorno dopo giorno, la loro forza aumenta, questo accade perché diminuisce la paura – di farsi e farvi male o di non compiacervi – e aumenta la connessione che si crea tra di voi. A questo punto anche voi potrete aumentare il vostro livello di forza.

Le parole magiche

Noa si rende conto che io sono più forte di lui e che non potrebbe vincere ad armi pari quindi ha inventato delle parole magiche che sono utili per riequilibrare le forze in campo. Le parole che usa (mooolto spesso) sono:
Gelo e Scongelo :può congelarmi e scongelarmi a suo piacimento
Cartello: davanti ai miei occhi compare un cartello con la sua immagine, io credo che sia lui e ci casco come una pera cotta, quindi comincio a combattere comicamente con il niente e lui fa un contrattacco da dietro. (Questa è una parola che ha inventato mio figlio, voi potreste usare la parola “Illusione” e proporla, sono sicura che apprezzeranno moltissimo il fatto che possono usare dei poteri speciali).

(Voi potete inventare tantissime parole magiche tutte vostre: se ne avete di già scrivetele nei commenti! 🙂

Potrebbe succedere che vi sentiate a disagio

Perché non siamo abituati a farlo e perché, spesso, colleghiamo all’idea di lotta, l’idea di violenza. Ma non è così, provare per credere. Potete cominciare con qualche minuto e trovarvi, dopo qualche giorno, a farlo per mezz’ora senza voler smettere. Allo stesso tempo, se sentite che mentre lo fate non state bene (la pratica potrebbe far emergere delle vecchie ferite), ascoltatevi e piuttosto chiedete una pausa. Deve essere un momento bello per tutti 🙂

Pausa Coccole

Molto spesso la lotta si trasforma in un abbraccio e in un mondo di baci con i nostri cuccioli. Lasciate che questi momenti si insinuino nel momento di lotta.

Divertitevi e siate ridicoli quanto basta

Quando pratichiamo con i bambini l’esperienza deve essere, oltre che estremamente sicura, anche divertente. Quindi, se nel playfight tradizionale non si può parlare, io ho abolito questa regola con Noa, perché il dialogo emerge naturalmente ed è parte integrante del gioco. (“Ah manigoldo, me l’hai fatta anche stavolta, ma ora ti sconfiggerò” per poi cadere in maniera clamorosamente epica dal letto” seguono, normalmente, risate a non finire). Quindi il consiglio è anche quello di non aver paura di rendervi ridicoli, ai bambini piace da impazzire.

Quanto dovrebbe durare un momento di playfight?

Uh, noi andiamo dai 5 minuti ai 40. Dipende dalla mia quantità di energia. Non è mai successo che Noa mi dicesse “Ora basta” 🙂 Potete continuare fin quando ne avete voglia.

Se l’idea di fare la lotta con i vostri figli vi è completamente nuova ma vi intriga e vi ho stimolato a provare o se lo state già praticando sarei molto felice se aveste voglia di raccontarmelo nei commenti 🙂

 

Studi scientifici e Fonti che attestano i benefici del Playfight